domenica 12 ottobre 2008

Tre toilette. E non nel senso di abiti.

“Passo Stanhope 2100”. Che non è una formula iniziatica ma un sms di Norma. La traduzione è: “Visto che sei a Bruxelles, passo a prenderti al tuo albergo, lo Stanhope, alle ore 21.00, così ceniamo insieme”. C’è chi scrive sms perfetti, contratti nel modo giusto, e chi continua a pensare che l’italiano è l’italiano e tutto vada comunque scritto secondo le regole. Quando parlo di questa seconda categoria penso a Gianfranco, che in realtà non sa, non vuole e comunque non scrive sms. Ogni tanto ti chiede di scriverne uno per lui e ci mette tutto: articoli, preposizioni, avverbi, due punti, virgole, punti e virgola. In ogni caso tra i due estremi – gli smsisti perfetti e quelli che non riescono a contrarre – c’è un’infinita gamma di sfumature. Norma ha una categoria sua propria. Quando ti manda le sue abbreviazioni è un messaggio criptato solo per te. Ed è divertente leggere i suoi sms anche per le parti più lunghe. Perché per esempio 2100 e non 9, quattro cifre invece di una?

Comunque sia sono a Bruxelles e vado a cena con Norma. Lei passa in albergo e viene su in camera per vedere la bellissima suite dove sono sistemata. Puro caso per me e necessità per l’albergo. Mi sono fatta cambiare stanza perché puzzava di fumo stantio e, visto che non avevano altro, mi hanno piazzato in una suite principesca. Norma ama gli alberghi di livello e le belle suite. Di qui la verifica della mia sistemazione. Andiamo a cena al Belga Queen. Ristorante pieno e necessità di riempire un po’ di tempo. “Vieni a vedere lo spazio disco che hanno al piano di sotto”. Scendiamo, passiamo una porta corazzata, dentro tavolini, poltrone e luci basse. “Si capisce, vero? Era una banca. Nel caveau hanno organizzato la discoteca”. Risaliamo e andiamo alla toilette, perché Norma mi dice che “la toilette del Belga Queen è da non perdere”. Entro ed è tutto di vetro, nemmeno opaco. “Ma scusa, il bagno è con tutti cristalli trasparenti, ma che intimità c’è?” Ma Norma è pronta a mostrarmi la magia del gabinetto del Belga Queen. Entra e nel momento in cui gira la chiave tutti i vetri diventano lattiginosi, proteggendo la privacy di chi è dentro. “Beh, carino” dico io. E Norma dall’altra parte del vetro “E’ di Philippe Starck, come quella specie di lungo tavolo di marmo che è il lavandino”. Ma può essere che Starck abbia disegnato di tutto, anche i gabinetti trasparenti che diventano opachi? Poi magari si faranno le guide, qualcosa tipo “Toilette d’Europa”.

Due gironi dopo sono a Nizza. Settembre ma con un clima da estate ancora piena. Sono all’hotel Splendid. Arrivo in albergo e devo lasciare i bagagli all’ingresso, non ho il tempo per andare in camera. E così chiedo della toilette. Mi indicano quella vicino alla reception. Entro e le luci si accendono al mio arrivo, lucette piccole incastonate ai lati del grande specchio sul lavandino. E’ tutto di legno, pietre levigate ed acciaio. Bello l’effetto lucido – opaco. Insomma una magnifica toilette, comoda senza essere troppo elegante per sentircisi bene dentro. E’ la cosa migliore dell’hotel. Perché l’albergo è carino ma deve avere avuto giorni migliori. Un intero palazzo con piscina all’ultimo piano. Ma è tutto un po’ da sistemare. Per esempio la mia camera è bella, con balcone e aria condizionata, ma almeno un paio di cose andrebbero rifatte. Continuo a premere il pulsante per aprire una delle due serrande automatiche. Niente, non funziona, e resto quasi al buio mentre fuori la luce è abbagliante. E la vasca da bagno è tutta scrostata. Anche la piscina all’ultimo piano ha un’aria da vorrei ma non posso.

La toilette dell’hotel Villa d’Este a Cernobbio è in realtà un luogo d’incontro dove fare il punto. Al piano seminterrato due grandi sale con specchi, piccoli camerini gabinetto, asciugamani di stoffa, e l’atmosfera giusta per far finta di darsi la cipria mentre si analizza la situazione da sole o in compagnia. Senti discorsi di tutti i tipi, ma certo anche andare al bagno diventa un po’ lavoro.

Resta da definire il libro da lasciare alla toilette di casa propria. Una cosa carina, con una bella trama netta. Mi è molto piaciuto “La bastada di Istambul” di Elif Shafak. I turchi e gli armeni, il passato e il presente, una trama tramosa. Così se lo lasci per un po’ non è un problema quando lo riprendi. E poi chi ha detto che si devono leggere solo libri che vendono poco e magari fai fatica a portare avanti?

lunedì 6 ottobre 2008

Cernobbio. Incontri e scambi lungo il lago sotto il cielo di settembre.

“Ma l’hai vista com’è vestita”. Ed io “Sai le americane hanno ancora il coraggio di vestirsi di rosa, mettono farfalline tra i capelli e riescono ad avere la forza evocativa degli anni ‘50”. Il mio interlocutore è stanco “Io me ne vado, non vedo l’ora di togliermi le scarpe. Ora qui cambia del tutto l’atmosfera. La cena di gala, i fuochi d’artificio e tutto il resto non sono per me”. Io invece resto. Voglio vederlo fino in fondo l’happening. E’ la tre giorni Ambrosetti, che riunisce dopo la pausa estiva quelli che contano e quelli che vorrebbero contare a Villa d’Este a Cernobbio. E’ un grande palcoscenico di incontri e di scambi. Meglio è l’appuntamento di tanti mercati. E lungo il lago sotto il cielo di inizio settembre vedi all’opera al meglio mercanti di idee, di scenari, di presente e futuro, di immagine, di politica, di economia e di molto altro.

Le cose cambiano. Mai come quest’anno le donne cominciano davvero ad apparire in posizioni diverse. C’è la signora sindaco tosta e la leader delle imprese. Poi certo ci sono anche le americane vestite di rosa e quelle che per il galà si mettono carine e molto scollate. Al solito la vita ti sorprende. Quelli che pensavi fossero seri e un po’ tristi sono invece simpatici e divertenti. Qualche uomo politico arriva con la fidanzata e diventa vittima e vedette per il dato sentimentale. Che poi in fondo sarebbe l’unico su cui si dovrebbe sospendere il giudizio e farsi gli affari propri. Lo scenario è da favola. Villa d’Este un incanto, una casa principesca tra prati e giardini curatissimi. Bella la piscina coperta, splendida quella scoperta, una penisola agganciata alla riva con l’acqua più blu rispetto al tono più cupo del lago.

Il vice presidente americano, Dick Cheney, arriva con una scorta da parata. I più vecchi fra i frequentatori raccontano a cadenza periodica ravvicinata dei bei tempi andati, quando arrivava in elicottero l’Avvocato. Certo la tre giorni è un prodotto dell’ingegno. Duecento persone o poche di più – gli ospiti di serie A – pagano 10mila euro per stare tre giorni in una stanza e sentire gli interventi più diversi. Poi ci sono contatti, relazioni, scambi, incontri. La genialità è nel vendere ad ognuno ciò che vuole e rendere la cosa esclusiva e d’elite. Poi ci sono gli ospiti di molti altri livelli e tutto il contorno.

Avevo pensato molto a che libro portare con me, perché in fondo un libro è un amico che ti può dare una mano a staccarti dalla realtà in queste full immersion totalizzanti. Una specie di smaterializzatore che ti scaraventa da un’altra parte. La scelta era caduta su “Una nuova terra” – “Unaccustomed Earth” – di Jhumpa Lahiri. L’India e gli States connessi dal filo rosso di gente che lascia la propria terra e ne trova un’altra. Molte le ragioni della scelta. Lei è bellissima e fascinosa nella foto in terza di copertina. In più gli indiani non mi avevano mai deluso. Terza ragione: da 3 o 4 anni diventa sempre più forte la voglia di mettere piede in India. E poi avevo letto molto del libro. Per gli americani un successo.

La mia scelta non è stata felice. Buoni gli spunti e la partenza, ma poi qualcosa si perde sempre per strada. O non mi raggiunge. Non c’è mai un colpo d’ala, una sorpresa, un affondo, uno stravolgimento. Anche la storia più strutturata – quella che a un certo punto fa tappa a Roma – si potrebbe non raccontare. O meglio è come se non fosse stata raccontata. E non ti sorprende. Mai.