domenica 31 maggio 2009

Luce e luci

Luce atlantica
“La vede questa luce? È atlantica. La trova al nord, a New York oppure qui a Bruxelles”. Siamo fuori, all’entrata di un palazzo di uffici a Square de Meeus a Bruxelles. Il proibizionismo regna sovrano e il mio interlocutore è qui fuori per fumare. Io, intanto, aspetto un taxi per andar via. Parliamo con grande partecipazione di questa luce bianca, algida e fascinosa che ci sta a guardare. Mentre a Roma questo maggio ci ha già fatto assaggiare i 30 gradi, qui l’atmosfera è di una fresca primavera. “È davvero diversa da quella per noi familiare” gli dico, mentre tento di capire se la macchina che sia sta avvicinando è per me. “Sono rimasta meravigliata quando ho capito che la gente di Bruxelles considera anche Parigi già sud. Sarà quel colore giallo, che la luce accende. Qui la dominate invece tende al bianco”. Lui aspira una profonda boccata di fumo. Pensa in silenzio. Poi mi dice: “Un collega olandese, non più giovanissimo, mi ha raccontato una volta di una gita organizzata dal padre per spiegargli il senso profondo delle cose. Il padre era un pastore. Non riesco a ricordare il posto preciso dove andarono, ma da lì lo sguardo si spingeva sulla piatta distesa molto profondamente a sud. E lì il padre parlò a lungo, mettendo in guardia i suoi due figli su ciò che vedevano in lontananza: il sud ed il peccato”. Sorrido mentre apro la portiera del taxi e con un breve cenno di saluto vado via. Torno a casa, a sud.

Luci. Al tramonto ad Atene.
“Com’è andato questo viaggio?” Mio padre mi chiede sempre due parole di resoconto. “Ma, niente di speciale. È come se non fossi stata ad Atene. Ho lavorato soltanto. Se ti dovessi raccontare qualcosa dovrei cercare nella memoria i ricordi di altre volte ad Atene”. Mio padre non demorde: “Fa comunque sempre bene andare fuori. Ti sei molto stancata? E dov’eri in albergo?” “Sì, un po’ faticoso, ma l’albergo era molto buono. Beh, ora che ci penso la cosa da ricordare è stata una cena al tramonto sul roof garden di un posto molto speciale. Quando abbiamo preso l’aperitivo era ancora molto luminoso. Tutto abbastanza azzurro, sotto di noi la distesa di case bianche. Poi la notte è diventata sempre più blu, le case per un po’ sono diventate quasi più bianche. Sai quel bianco che vira al violetto. E piano piano si sono accese le luci della città. E dominante l’acropoli, di fronte a noi, in una luce calda e un po’ enfatica. La collega scozzese, che cena seduta vicino a me, ha comprato una casa in una piccola isola greca. E avendo l’acropoli davanti capisci che ha fatto la scelta giusta”. “Bello – taglia corto mio padre – penso tu fossi a Syntagma, all’Hotel Grande Bretagne (
http://www.grandebretagne.gr/ )”.

Luci della notte. A Milano.
Non sopporto l’aria condizionata. E nemmeno il caldo. In più devo fare i conti con la mia allergia primaverile. In albergo a Milano ho deciso di lavarmi la stanchezza e di fare un pieno di fresco mettendomi a mollo nella vasca. Esco da questa terapia di benessere, ma ancora non riesco a prendere una decisione. Basta. Spengo l’aria condizionata e vado a letto. L’aria è pesante e non riesco a dormire. Mi alzo e riaccendo. Sento che mi fa male. Giro un po’ per la stanza. Devo trovare una soluzione per dormire. Tiro su la persiana e apro la finestra. Sono all’ottavo piano. I rumori arrivano attutiti e di fronte le luci di un alto palazzo mi garantiscono una presenza molto metropolitana. Lascio la finestra aperta, la serranda a metà e vado a dormire con le luci della notte milanese.

sabato 9 maggio 2009

‘Tutto si può conquistar’ e io sdogano il mondo di Patty. “Porque somos gasolina, gasolina de verdad”.

“Certo che è davvero brutta. Ma poi perché si mette quei cappellini orribili. E quei pantaloni gialli con quella maglietta rossa, tremendi…”. “Ma che dici, mamma, Patty è carinissima”. Insisto e non demordo, da un paio di mesi combatto contro Patty con risultati inesistenti. Anzi, mia figlia è sempre più conquistata da questa ragazza bruttina, sfortunata, lamentosa, pasticciona e canterina. “E poi guarda, secondo me ora si fa un bel pianto, perché certamente ha combinato qualche sciagura senza volere”. “Ma no, mamma che dici, adesso ricorda la prima volta che ha visto Leandro, che è suo padre, ma lei non lo sa”.

Più lotto contro Patty più la piccola è persa dietro di lei. Il mondo di Patty è una telenovela, che rispetta in maniera ineccepibile tutte le regole di lentezza, ripetitività e trionfo del kitsch. Se poi ci si mettono un po’ di canzoni orecchiabili il gioco è fatto. Vado in rete e vedo che crescono i fun club (
http://www.w-mondo-di-patty.fan-club.it/). Patty è una ragazzina argentina abbastanza racchia, che vive con la madre Carmen. Non conosce suo padre, che in realtà è Leandro, ancora innamorato di Carmen, che non gli ha mai raccontato della figlia. Patty ha un’unica qualità: canta con una voce magnifica. Ovviamente secondo il metro di una telenovela argentina. Riesce ad essere ammessa in una scuola artistica, dove incontra la perfida Antonella. Ogni tanto combina qualche pasticcio, tipo far finire sotto una macchina Antonella.

Ero davvero preoccupata quando la piccola mi mise a parte della tragedia: “Sai mamma, secondo me Antonella è morta, non ce la farà”. Invece ovviamente Antonella prima finisce su di una sedia a rotelle, in modo da andar avanti un po’ di puntate con la tragica storia, e poi ritorna in circolazione con tutta la crudeltà di leader di Las Divinas, che cantano come manifesto:
“Nadie pasa de esta esquina
aquí mandan las divinas
porque somos gasolina
gasolina de verdad” (http://www.youtube.com/watch?v=VcwrrgyglPw&hl=it).
Insomma la trama è proprio da telenovela (
http://www.dgmag.it/televisione/il-mondo-di-patty-arriva-l-ugly-betty-adolescente-13991?page=7) e certo la prima reazione è di vietarla.

“E poi diciamocelo ha delle musiche tremende - mi dice Gianfranco, che detesta Patty - sembrano quelle di un porno soft anni ’70. E li hai visti gli ambienti? Orribili. E i tempi? Spaventosi”. Insomma, diciamo che Gianfranco ed io eravamo pronti a far fare una brutta fine alla povera Patty. E invece…e invece lei ha conquistato anche noi. Perché ha in sé una tremenda forza positiva. Patty è brutta e vincente, non ammicca e non ha aspirazioni da velina. Si fidanza con un bel ragazzotto che ama perdutamente. Ci mettono non so quante puntate per darsi il primo bacio. Il mondo di Patty ha tempi completamente diversi dall’accelerazione dominante. Una cosa viene detta dieci volte e l’inquadratura resta la stessa per un secolo. Certo l’ambiente è un po’ pasticciato, ma anche questo ha un suo senso. Insomma Patty piano piano mi ha conquistato. E comincia ad avere dalla sua anche la stampa più seria. (
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/spettacoli/200905articoli/4346). Perché Patty si impegna davvero. Perché è il “Patito Feo”, il brutto anatroccolo. Ma anche perché “todo se puede lograr aunque sea duro el camino” e “todos tenemos la esperanza en el corazon”.

E proprio seguendo questa linea, invece di leggere lo scrittore svedese che va per la maggiore - Stieg Larsson di “Uomini che odiano le donne” - ho finito la saga anche questa svedese del “romanzo delle Crociate” di Jan Guillou. Quattro libri popolari: “Il Templare”, “Il Saladino”, “La Badessa”, “L'erede del Templare”. Perché mi va di non perdere il polso delle cose populares, perché “todos tenemos la esperanza en el corazon”, ma anche perché tutti abbiamo bisogno di riposarci. E di non pensare o farlo in una dimensione diversa.

Lavarsi le mani. All’aeroporto di Dar Es Salaam

“Ti scrivo dall’Africa - Dar Es Salaam - per comunicarti il mio nuovo stato di grazia”. Stavo per cancellare una bella fila di messaggi quando sono stata catturata dall’email di Claudio di qualche mese fa. “Sono in vacanza per 4 settimane, qui a casa di Eraldo. La scommessa è di riuscire a non fare nulla, neanche il turista, pur di fermare la corsa”.

La mia risposta dice: “Spero tutto bene, lì giù a Dar. All'aeroporto mi ricordo andai al bagno. Esco dalla porta e una gentile signora mi chiede se voglio acqua. Sto per dirle sì, quando mi accorgo che è in un fustone coperto, da versare con una specie di pentola. Folgorata dall'assenza di acqua corrente la risposta non poteva che essere ‘no, grazie’. La gentile signora avrà certamente pensato ‘che lerci questi europei’".

Claudio è ineccepibile nella sua laconicità: “Sarà mia cura andare al cesso all’aeroporto di Dar alla prima possibile. Ti faro avere notizie sugli eventuali sviluppi”.