martedì 22 aprile 2008

L’invasione degli ultrastorici – i padri pesano sui figli e allora è meglio farci i conti

Centinaia di migliaia di contatti. Una potenza di fuoco notevole sulla rete. E non è un sito di moda, di shopping o di gossip, ma di storia. Il blog di Giovanni Fasanella a cura di Alice Avallone, www.lastorianascosta.com , è la prova che qui ed ora è in atto l’invasione degli ultrastorici. Insomma centinaia di migliaia di persone si occupano di storia. Insospettabile.

Poi quando un pensiero comincia a farsi strada si leggono cose che prima non si sarebbero nemmeno viste. Così, noto sulla prima pagina del Sole 24 Ore che la storia stravince in libreria. Nel 2006 sono stati pubblicati 61mila libri, di cui il 61% novità. A trainare la produzione sono state le ristampe (+7%) e i libri per ragazzi(+15%). Tra i generi più prodotti, dopo i romanzi e gli altri testi letterari moderni, i libri di storia, con 4.441 titoli. Ma chi l’avrebbe mai detto.

Ma forse i libri di storia e il blog di Giovanni Fasanella fanno parte di un unico grande capitolo. Quello per cui i padri nel bene e nel male pesano sui figli. E allora nasce spontanea la voglia e la necessità di farci i conti. Per restare a Giovanni Fasanella, il riferimento va a “Guido Rossa mio padre”, il suo libro-testimonianza su Sabina Rossa. Perché prima di essere un’insegnante, prima di diventare senatrice, Sabina è figlia di Guido Rossa, l’operaio comunista ucciso dalle BR.

Non c’è niente da fare i padri ricadono sui figli. Su Sabina Rossa come su Anna Negri, regista e figlia di Toni Negri. Se tuo padre è stato uno dei fondatori di Potere operaio e poi uno dei leader di Autonomia operaia, considerato la mente occulta del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro, tu puoi fare la regista e avere un film in programmazione nelle sale ma continueranno chiederti soprattutto di lui. E allora nelle interviste per presentare il film “Riprendimi” alla fine del gioco arriva sempre la domanda “e suo padre?”, immediata la risposta di Anna Negri “spero un giorno si chieda a lui di me e non a me di lui” ed anche “non ho mai letto nulla di mio padre Toni Negri. Non voglio essere identificata con lui”.

Insomma l’invasione degli ultrastorici deve avere qualche connessione con questo bisogno di fare i conti con i padri. Gianfranco dice “scusa ma sui figli non ricadono anche le madri”? Certo, ma quella è un’altra storia. Almeno credo.

giovedì 17 aprile 2008

Fenomenologia della bruttezza libresca: teoria e tecniche non di massa per disfarsene - ossia cosa fare se un libro fa proprio schifo


Serge Brussolo: Peggy Sue e gli Invisibili. Comincio dal nome e cognome dell’autore, Serge Bruscolo appunto. E poi, per non lasciare nell’incertezza il lavoro a cui mi riferisco, scrivo anche il nome della serie, Peggy Sue e gli Invisibili. Devo dire veramente brutta. Una spessa patina di tristezza copre sapientemente tutto. Mezzucci e trovatine, che probabilmente divertono l’autore, tentano di dare un senso al vuoto siderale. Nessuna speranza. Scopiazzature qui e là di invenzioni geniali di altri – si capisce che l’obiettivo irraggiungibile è la grandezza della Rowling - non riescono ad alzare il tono. Insomma robaccia. E poi secondo me può fare anche un po’ male.

Avevo comprato della serie di Brussolo il libro Il giorno del cane blu. Mi ero fatta trarre in inganno perché avevo letto si era trattato di un caso letterario in Francia. Poi comincio a leggere mi trovo in una di quelle situazioni in cui pensi di aver diritto ad un risarcimento. In fondo investi tempo, sei disponibile a mettere a disposizione dell’autore la tua testa e il tuo cuore, per averne in cambio tutto quanto non vorresti. Insomma diciamo che mi sono trovata con un libro che fa proprio schifo.

Ognuno può avere le proprie preferenze, ma certo chi fa un certo uso del materiale libri prima o poi si trova tra le mani qualcosa di cui liberarsi. Perché certo la teoria, convalidata dalla pratica, prevede che capita un libro di cui doversi disfare. Ma come? Dove? In che modo?

Tosca propende per i cestoni. Tutto quello che non si vuole o non si può tenere si mette in dei cesti a disposizione degli amici di passaggio. Ovviamente ognuno non solo può ma deve portar via tutto quello che vuole. In realtà questa ipotesi non è collegata a libri brutti. Secondo la posizione di Tosca è possibile farsi accompagnare solo dai libri di cui non si può fare a meno. Quelli importanti, belli, compagni di vita. Tutti gli altri vanno nei cesti.

Poi c’è chi pensa che il macero è sempre una soluzione. Te ne liberi e rimetti in circolo la materia prima. Poi leggo in prima pagina sul Corriere della Sera che l’Unesco ha mandato al macero centomila libri. Certo la cosa non è passata sotto silenzio. E soprattutto mi è sembrata triste, con un vago senso di malvagità di fondo. Perché poi diciamolo liberarsi di un libro brutto non è poi così facile. Da una parte buttare, mandare al macero, non parliamo poi di bruciare libri ha un sapore vagamente malvagio, dall’altra se un libro ti fa schifo darlo ad altri non è certo una cosa proprio carina.

Forse la soluzione può essere inventare qualcosa utilizzando vecchi schemi. Così per esempio nel rito di passaggio da un anno ad un altro c’è spesso il liberarsi del passato, del brutto, del vecchio, di tutto ciò che non si vuole più. Mi ricordo incredibili capodanno a Napoli. Dalle finestre veniva giù di tutto: piatti, bicchieri, mobili vecchi. E così pure l’uso del fuoco non deve necessariamente richiamare oscuri scenari. Per esempio Pepe Carvalho, il detective galiziano residente a Barcellona figlio del prode Montalban, ha sempre utilizzato i libri per accendere il fuoco su cui preparare cibi succulenti. Insomma con un po’ di se e di ma forse una soluzione si trova.

La mia idea sarebbe di liberarsi dei libri che proprio fanno schifo – e che quindi è bene non regalare – utilizzandoli per qualcosa di veramente particolare. Al momento sono orientata per accenderci il camino la sera di capodanno, quando si tira una linea e si butta via tutto quello che è stato. Che cosa può esserci di meglio di trasformare un libro che fa schifo in uno strumento per attivare un rito di passaggio. E’ un’idea, lascio che maturi. Almeno fino al 31 dicembre.

mercoledì 9 aprile 2008

Un pianetino di un milione di anni, lo Zecchino d'oro patrimonio dell'umanità e la necessità di farsi dare una mano dalla fata Mailinda


“Un pianetino di un milione di anni, poco più grande del pallone di Gianni”. La rima con il suo motivetto di fondo mi martella in testa da sabato. Marco ha regalato alla piccola un cofanetto con il meglio dello Zecchino d’oro. Tre cd con tutto quello che si può immaginare. Le canzoncine di quando io ero piccola, che sono ancora molto gettonate, e i nuovi successi. E così ci sono 44 gatti e Volevo un gatto nero. Mi sorella cantava sempre Il valzer del moscerino. Me la ricordo come fosse ora ripetere “ullala, ullala, ulla la la, questo è il valzer che fa la, la, la” Ma poi anche nuovi successi: La mia bidella Candida, Le tagliatelle di nonna Pina, Il Catarì Cammello e via cantando.

La piccola adora il cd verde e quello blu. E soprattutto le piace sentirli e risentirli per ore. Perché pare che a tutti i bambini piaccia rifare la stessa cosa fino a che i genitori non sono molto vicini ad una crisi di nervi. E così sabato non so quante volte li abbiamo sentiti in macchina spostandoci da Roma alla campagna. “Un pianetino di un milione di anni, poco più grande del pallone di Gianni” mi accompagna da allora. E’ un refrain che ogni tanto mi parte in testa.

Poi scopro sul Corriere della Sera – dico Corriere della Sera e non Corrierino dei Piccoli – che l’Unesco ha dichiarato lo Zecchino d’oro patrimonio dell’umanità. E’ il primo programma televisivo ad aver ricevuto questo riconoscimento. Anche se alcuni dicono che in genere le qualifiche dell’Unesco dipendono anche da chi e come è strutturata la domanda. In ogni caso, di là dalle questioni sul processo di determinazione del patrimonio dell’umanità, qualcosa di fondo ci deve essere se io ancora ricordo tutte quelle canzoncine. Insomma anche se effettivamente dipendesse da chi e da come pone la questione patrimonio dell’umanità, per lo Zecchino d’oro non si può non avere un occhio di riguardo.

Mi sembra che non ci sono altre grandi esperienze di questo genere. Forse una in Giappone, che però è copiata dalla nostra. E poi chi se la può dimenticare la buona, vecchia Mariele Ventre, che insegnava a cantare ai ragazzini quando io ero piccola. E mi ricordo quanto mi ha colpito la statua che le ha dedicato il suo paese natale, Marsico Nuovo in Lucania.

“Un pianetino di un milione di anni, poco più grande del pallone di Gianni” continua a martellare. Forse le canzoncine erano più carine. Se vado avanti così tra un po’ comincerò a rimpiangere i bei tempi andati. Invece i libri per bambini di adesso mi sembrano più belli. E anche più divertenti. Mi piace tanto la serie De Agostini con il libro Maghi, draghi e cavalieri, quello Storie di mostri, e ancora Fiabe da ridere, Fiabe innamorate, e soprattutto Fate, principi e principesse. In questo libro la protagonista assoluta è una fata cicciotella, Mailinda, che gira sempre con uno zainetto con tutto quanto può servire. Mailinda riesce sempre a risolvere le situazioni più complesse. Devo trovare il modo per convocarla, devo liberarmi di “Un pianetino di un milione di anni, poco più grande del pallone di Gianni”.

giovedì 3 aprile 2008

Lucatortuga, prove tecniche di contatto con gli altri mondi


“Forse noi ce la possiamo fare, ma la generazione precedente no”. Gianfranco ha dalla sua la forza giurassica di chi non sa nemmeno mandare un sms. Sera, casa, facciamo il punto della giornata stesi ognuno sul proprio divano. Ed è assolutamente convinto che noi con un po’ di buona volontà riusciremo forse a trovare punti di contatto con gli altri mondi. Io secondo lui sono un pezzo avanti, perché almeno ci provo. E’ vero ce la metto tutta per capirci qualcosa e stabilire un contatto, ma certo la distanza a volta spaventa.



E qui entra in scena Lucatortuga (consigliamocisoftware.blogspot.com). Un po’ di mesi fa entro in Zzub, un social network che fa comunicazione con il passaparola. E scopro che non ci capisco niente della vita degli altri. Diciamo che per arrivare ad afferrare gli interessi di Lucatortuga devo quanto meno superare 16 scalini. Non perché non mi interessino. E’ che proprio non si capiscono.


Madamina il catalogo è questo: Informatica, OpenSource – tipo una marca di minerale - , Linux – nulla a che vedere con il fumetto -. Vado avanti, Ubuntu - sarà ‘na roba antropologica tipo bantù - , Apple – che non è la figlia di Gwyneth Paltrow - , Macos x – io conosco Malcom X, ma certo non si tratta di lui -, Windows, Programmazione, Python - ma non sarà quello di Harry Potter? -. E ancora CSS, Internet, Google, Blog, Web 2.0, Tecnologia, ZeroG, Scienza. Da Libri in poi si ragiona. Il problema sono i 16 interessi che vengono prima. Ma si potrà stabilire un contatto, parlare una lingua normale con gente così? Allora gli ho scritto, dicendogli che avevo questo spazio e volevo fare un pezzetto su di lui. All’inizio era un po’ preoccupato, perché di lui sulla rete c’è tutto. Di me no. Io potrei essere chiunque. Ma poi mi ha detto che sì, potevo farlo. Insomma Lucatortuga si è fidato, è disposto a partecipare anche rischiando. I suoi primi 16 interessi non si capiscono ma si riesce a intravedere parecchio dietro.


Gianfranco è convinto che noi ce la possiamo fare. Comincia a appassionarsi a queste mie prove tecniche di comunicazione. Così gli ho anche detto che ci dobbiamo un po’ impegnare, perché forse sono molte di più le cose che ci uniscono a quelli che vivono altri mondi rispetto a quelle che ci dividono. In questo senso una magnifica sorpresa è stato il libro Economia della Felicità di Luca De Biase. Splendido lavoro. Divulgazione di altissimo livello condita di sana passione. Crederci è la marcia in più che fa la differenza.


Poi stamattina trovo tra le mail della mia posta privata un messaggio del prode Lucatortuga. Dice: “Rimane valida l'offerta di lezioni di "Alchimia Binario-Digitale" presso la Scuola di "Magia e Stregoneria di Hogwarts" :-)”.