lunedì 7 luglio 2008

Moçambique 2. Capulane da Maputo a Pemba

“Bello! Però lavoro per SAVANA, il primo settimanale mozambicano indipendente. E poi faccio l'ufficio stampa per DREAM, il programma di lotta contro l' HIV/Aids della Comunità di Sant' Egidio (http://dream.santegidio.com/Homep.asp?SelectLingua=EN&Curlang=IT). Se vuoi ti mando un paio di articoli che ho scritto per SAVANA, di quelli turistici carini. Anzi, siccome SAVANA ancora non ha un sito, ti mando il link di un blog che ne ha riprodotto qualcuno. (http://estradapoeirenta.blogspot.com/2007/04/lago-niassa-um-paraso-perdido.html
http://estradapoeirenta.blogspot.com/2007/10/bala-de-canho-e-os-olhos-de-betty-boop.html)”. Paola mi risponde e mi apre nuovi ricordi mozambicani.

Tra le cose che ci chiedevano sempre c’era se conoscevamo Padre Matteo Zuppi. Naturalmente essere di Roma non vuol dire conoscerlo, ma questo a Maputo era incredibile. Padre Zuppi è la pace in Mozambico. Ora è il parroco di Sant Maria in Trastevere, ma ha seguito in prima persona i negoziati di pace. Paola mi ricorda che “la guerra civile è finita con la firma degli accordi di pace a Roma il 4 ottobre del 1992”.

E poi la bellezza del Paese. Da Maputo andammo a Pemba, fermandoci a Beira e Nampula. L’aereo era una carretta e viaggiava a pieno carico. All’andata mi ricordo avevo vicino una ragazza che mostrava a tutti il diploma da infermiera preso a Cuba. Da mangiare pane e frittata. A Pemba stavamo da Babu, l’unico posto dove potessimo fermarci. Bungalow sulla spiaggia bianca e sottile come borotalco. E poi mi ricordo il mercato nero di Pemba. Comprai anche un po’ di quelle stoffe che usavano tutte le donne.

Ma preferisco dare la parola a Paola. “Dal nord al sud del Mozambico non c’è donna che non usi la capulana. La usa per vestirsi, per pulire e per portare i bambini sulle spalle, la usa come tovaglia e come tenda. O quando cambia di casa o quando viaggia, la usa per trasportare gli oggetti. La capulana non è usata solo dalle contadine, come si potrebbe pesnare. Le donne di città, che in genere si vestono all’occidentale, la usano sempre in casa o nelle cerimonie familiari. Le altre donne, in Africa, usano lo stesso tipo di stoffa rettangolare di cotone e, ultimamente, di fibra sintetica, con grandi motivi stampati, incluso facce di presidenti, e soprattutto con colori sgargianti. Donne e ragazze coperte di stoffe colorate, danno vita e colore alle strade di terra battuta che rompono il paesaggio monotono della savana o nelle strade e mercati rumorosi e disordinati delle città africane. In altri paesi questi pezzi di stoffa possono avere altri nomi. In Kenia si chiamano kanga. In Africa occidentale, in Congo o in Senegal, si chiamano pagne. Molte lingue mozambicane hanno un nome differente per questi rettangoli di stoffa. Ma capulana è il nome più usato, dal nord al sud, dall’est all’ovest del Mozambico. Oggi il nome fa parte del lessico della lingua portoghese ma non si conosce con certezza la sua origine”.

Un paio di queste pezze di stoffa sono normalmente in circolazione a casa mia e svolgono le funzioni più varie. Paola Rolletta, invece, ci ha scritto un libro. Una signora sudafricana che lo vende sulla rete (
http://www.clarkesbooks.co.za/artbooks/browse.asp?category=46&offset=10).

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