Di tutta questa proprietà, purtroppo molto degradata, sono l'unico Ferraro ancora condomino, per quasi duecento millesimi. Mi sento come quello delle barzellette che rimane con il cerino in mano ...”
cronache da questo mondo - leggere la vita nella sua strabiliante eccentricità, unicità e meraviglia
domenica 11 aprile 2010
Tre piani per tre fratelli
Di tutta questa proprietà, purtroppo molto degradata, sono l'unico Ferraro ancora condomino, per quasi duecento millesimi. Mi sento come quello delle barzellette che rimane con il cerino in mano ...”
Napoli, Salita Stella
Napoli in bianco e nero
La nostra parrocchia era la SS. Annunziata a Fonseca, dove ho fatto Prima Comunione e Cresima sotto la guida di Padre Russo e con la preparazione della signora De Gregorio, che aveva sposato il figliastro di Zia Sara (figlia di Eugenio Ferraro). Zia Sara, infatti, aveva sposato il vedovo presidente De Gregorio, magistrato. Il figlio di questa coppia più giovane, bancario, era amico di Giuseppe Ciaramelli.
La mia scuola elementare era la ‘Vincenzo Russo’ (poeta, martire della Repubblica Partenopea), allogata nell'ex convento di Santa Margherita a Fonseca, confiscato con la Legge delle Guarentigie, dove insegnava Zia Anna di Donato.
Alla Salita Stella 39 abitava la famiglia De Marinis: il padre, spedizioniere doganale, era un discreto poeta dialettale (forse ho da qualche parte un suo libro di poesie napoletane), i figli erano compagni di calcio dei miei fratelli e di Enrico Ferraro. La loro casa aveva alle spalle un bel giardino che apriva sull'ariosa piazzetta Stella, di fronte alla splendida chiesa di Santa Maria della Stella tenuta dai frati minimi (quelli di San Francesco da Paola), che andò in buona parte distrutta in un incendio, credo nel '45: ricordo perfettamente l'evento e il cielo rosso prodotto dal riverbero delle fiamme. Questi monaci, guarda caso, amministreranno in seguito anche la nostra parrocchia di Santa Maria Antesaecula a Montedonzelli, dove Guido fece la Prima Comunione. Certamente mi verranno in mente altre cose”.
L’avventuroso zio Amedeo
Ma partiti con una storia, piano piano vengono a galla informazioni che sembravano dimenticate. E così dopo pochi giorni trovo un nuovo messaggio di mio padre. “Mi sono ricordato che la vedova di Amedeo Ferraro (la figlia Amedea nacque poco dopo la tragica fine del padre) si chiamava Gisella Pedrazzi. Ne ho chiesto conferma per telefono ad Alfredo. Con costui siamo andati una volta a visitare lo splendido palazzo dei Pedrazzi a Brescia, ora sede della Croce Bianca: una magione principesca! Eravamo di ritorno dalla Valcamonica, dove avevamo portato da Genova la salma di Amedea per l'inumazione. Il padre di Gisella si era ritirato lassù perché a Brescia si era diffusa la voce che fosse un terribile jettatore, tanto che fu addirittura COSTRETTO a lasciare la città. Certo, la morte del genero fa pensare...”
“Scusa, ma in che anno precipitò con l'aereo Amedeo? Ed era lui che con il fratello andava durante la prima guerra a vedere dall'altra parte delle file nemiche e tornava con la tela dell'aereo tutta tagliata dai colpi nemici?”
Mio padre non si fa attendere: “Forse nel 1917, ma non in azione di guerra. Si era levato in volo di addestramento e volle andare a rendere omaggio (o, meglio, ad esibirsi davanti) alla moglie Gisella, che aspettava Amedea, passando radente sulla loro casa, una specie di masseria fortificata che una volta sono stato a visitare con Alfredo, sempre vicino Brescia. Con la "riattaccata", stallò e precipitò. Non so nulla di queste ali bucate, ma credo che questo si sia detto e si dica di tutt'i piloti che operano in zona di guerra! Né credo che alcuno dei fratelli volasse con lui: infatti gli osservatori, che volavano con i piloti per osservare, appunto, le linee nemiche, erano in genere ufficiali di artiglieria che potevano meglio valutare le istruzioni da impartire poi ai propri direttori di tiro; e i Ferraro figli di Eugenio (Amedeo, Consalvo, Gustavo, tutti e tre caduti durante la Prima Guerra Mondiale, e Renato e Decio, erano tutti in fanteria, al contrario dei figli di Luigi (Riccardo e Mario) che erano artiglieri, cui si aggiunse mio padre Guido come ufficiale di complemento, il quale comunque la guerra la fece anche lui sul serio (e poi doveva sposare proprio un'Austriaca - si conobbero appena sei anni dopo la fine della guerra - che chiamava per scherzo "la Nemica", titolo di una celebre commedia di Dario Niccodemi).
Giusto per completezza, Amedeo Ferraro era decollato dal campo d'aviazione di Ghedi, che ancor oggi è un'importante base aerea che ho visitata durante un viaggio d'istruzione con l'ISSMI (Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze)”.