Ma partiti con una storia, piano piano vengono a galla informazioni che sembravano dimenticate. E così dopo pochi giorni trovo un nuovo messaggio di mio padre. “Mi sono ricordato che la vedova di Amedeo Ferraro (la figlia Amedea nacque poco dopo la tragica fine del padre) si chiamava Gisella Pedrazzi. Ne ho chiesto conferma per telefono ad Alfredo. Con costui siamo andati una volta a visitare lo splendido palazzo dei Pedrazzi a Brescia, ora sede della Croce Bianca: una magione principesca! Eravamo di ritorno dalla Valcamonica, dove avevamo portato da Genova la salma di Amedea per l'inumazione. Il padre di Gisella si era ritirato lassù perché a Brescia si era diffusa la voce che fosse un terribile jettatore, tanto che fu addirittura COSTRETTO a lasciare la città. Certo, la morte del genero fa pensare...”
“Scusa, ma in che anno precipitò con l'aereo Amedeo? Ed era lui che con il fratello andava durante la prima guerra a vedere dall'altra parte delle file nemiche e tornava con la tela dell'aereo tutta tagliata dai colpi nemici?”
1915 - 1916 Entra in linea il primo caccia italiano il Nieuport Macchi
Mio padre non si fa attendere: “Forse nel 1917, ma non in azione di guerra. Si era levato in volo di addestramento e volle andare a rendere omaggio (o, meglio, ad esibirsi davanti) alla moglie Gisella, che aspettava Amedea, passando radente sulla loro casa, una specie di masseria fortificata che una volta sono stato a visitare con Alfredo, sempre vicino Brescia. Con la "riattaccata", stallò e precipitò. Non so nulla di queste ali bucate, ma credo che questo si sia detto e si dica di tutt'i piloti che operano in zona di guerra! Né credo che alcuno dei fratelli volasse con lui: infatti gli osservatori, che volavano con i piloti per osservare, appunto, le linee nemiche, erano in genere ufficiali di artiglieria che potevano meglio valutare le istruzioni da impartire poi ai propri direttori di tiro; e i Ferraro figli di Eugenio (Amedeo, Consalvo, Gustavo, tutti e tre caduti durante la Prima Guerra Mondiale, e Renato e Decio, erano tutti in fanteria, al contrario dei figli di Luigi (Riccardo e Mario) che erano artiglieri, cui si aggiunse mio padre Guido come ufficiale di complemento, il quale comunque la guerra la fece anche lui sul serio (e poi doveva sposare proprio un'Austriaca - si conobbero appena sei anni dopo la fine della guerra - che chiamava per scherzo "la Nemica", titolo di una celebre commedia di Dario Niccodemi).
Giusto per completezza, Amedeo Ferraro era decollato dal campo d'aviazione di Ghedi, che ancor oggi è un'importante base aerea che ho visitata durante un viaggio d'istruzione con l'ISSMI (Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze)”.
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