sabato 22 marzo 2014

A Sud con i Borboni

“Gentile Barone Cosenza,
il Signor Giuseppe Peluso di Pozzuoli, cultore di storie patrie, mi ha dato notizie della cosiddetta 'congiura del Barone Cosenza', di cui ambivo sapere qualcosa di più di quel pochissimo che sapevo; e per questo gli sono molto grato.

Ho pensato che possa interessarLe quanto risulta a me, per tradizione familiare. A tale congiura prese parte (non so con quale ruolo: egli era uomo di legge e non d'armi) il mio bisnonno Francesco di Paola Ferrara (poi Ferraro), Avvocato e Consigliere Particolare del Re (Dio guardi!). Per tale sua partecipazione fu arrestato e detenuto nelle allora carceri di San Francesco fuori Porta Capuana, edificio poi adibito a Pretura Unificata (prima esistevano le Preture Mandamentali distribuite nell'ambito cittadino). Ricordo di aver avuto per le mani, da ragazzo, una piantina del carcere con l'indicazione della cella di detenzione del mio avo: ora penso che forse essa era stata redatta in vista di una possibile evasione. Non so se questo documento (informale) esista ancora nel mio disordinatissimo archivio. Egli fu poi discriminato, non so se per assoluzione od amnistia, e tornò a fare l'avvocato, libero professionista.

Certo è che i discendenti di ‘Nonno Ciccio’, tra cui mio Padre, rimasero sempre fedeli alla memoria dei Borboni, ed ancora quando ero piccolo (anni '40), per qualunque cosa non funzionasse - e già allora ce n'erano tante, a Napoli! - mio Padre (anche lui avvocato) esclamava: ‘'A quanne è venuto 'on Peppino Caribalde a Napule nun funziona niente cchiù!’

Mio Suocero, Avvocato Tommaso Siciliano, che era un buon storico, anche lui di nostalgie borboniche, non è riuscito a sapere molto di più: il suo e mio convincimento era ed è che forse volutamente siano state soppresse tracce di questa vicenda”.

Il messaggio di mio padre è dello scorso anno. È una mail semplice diretta all'ultimo discendente di una congiura dell’aprile del 1862. Una congiura organizzata quando tutto era già perso. E noi con nonno Ciccio eravamo della partita. Dalla parte dei Borboni.

Francesco di Paola Ferrara

Il barone Cosenza risponde a stretto giro. “Caro Renato, in merito al mio avo, c’è abbondante documentazione anche inedita, su internet. Puoi trovarla sia nell'associazione neoborbonica, dove se ne racconta la carriera militare, le battaglie e la strenua resistenza all'invasore piemontese. Sia su internet, digitando ‘barone Achille Cosenza’. Troverai le rivolte che preparava ,assoldando varie bande di briganti e tutti gli atti processuali, inoltre vari testi inediti e varia documentazione segreta proveniente dall'Inghilterra. Troverai anche i nomi degli avvocati che lo difesero”.

Il discorso continua via web. Mio padre chiede al barone come si chiami e dove viva. “Noi siamo originari di Napoli – scrive in risposta- con feudi nella provincia di Cosenza. Io vivo tra Lecce, Bari e Roma. Spesso sono a Manduria, dove ho ereditato l’azienda vitivinicola di mia madre, i conti Stendardo di Mesagne. Il mio nome è Milo”. E la cosa va avanti. “Caro Milo – dice mio padre - ma figuraTi che anche i Ferrara (poi Ferraro) avevano addentellati a Manduria, in particolare il Cardinal Ferrara, al quale è intestata una strada. Io vivo a Roma: quando Ti trovi a passare, sarei felice di incontrarTi, e magari di averTi a pranzo o a cena”.

Cerco notizie del barone Achille Cosenza. Provò a dar vita ad una insurrezione per la fine di aprile del 1862, ma fu arrestato prima perché la congiura fu scoperta per una delazione. Processato e condannato, riuscì ad evadere e a rifugiarsi a Roma, da dove continuava a tramare.

In realtà la ‘resistenza borbonica’, con centro nevralgico di lotta a Palazzo Farnese a Roma, pare che non fosse proprio rose e fiori. Beghe interne, interessi specifici per le sostanze di Francesco II da parte di agenti venali, lotte tra fazioni, pochi collegamenti strutturati con l’estero. Memorie più o meno lucide e di parte raccontano di grande confusione nei disegni. Così per esempio le memorie politiche del Cavalier Luigi Mira. Il barone Achille Cosenza è personaggio centrale anche dopo la fuga a Roma come emerge in più testi. Secondo la Trecani aveva un suo buon seguito. E non solo di bande di briganti, come emerge dalla congiura di Frisio. Insomma, a favore dei Borboni non ci sarebbero state solo bande di disperati, ma anche larghe fasce di gentiluomini.

Mio padre mi ripete: “Non so Nonno Ciccio quanto tempo sia stato recluso nel carcere di San Francesco fuori Porta Capuana (poi diventato Pretura Unificata di Napoli). Avevamo una pianta del carcere da cui risultava la sua cella, ma chi sa che fine ha fatta. Fu scarcerato per proscioglimento. Credo di sicuro che fosse stato prosciolto”.

Certo a distanza di tanti anni non è ancora tutto pacificato. Trovo in rete bande di nostalgici, come i Comitati delle Due Sicilie, che sottolineano “Non siamo un partito, siamo una Nazione”.  Scrivo anche io al barone Milo Cosenza per usare lo scambio epistolare. E mi dice: “Se vuoi visionare un po’ della mia storia puoi vederla su Facebook a ‘barone Milo Cosenza’".


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