domenica 24 gennaio 2010

Zia Babà

Ancora un racconto di mio padre. “Cara, voglio parlarti ancora di mia Zia Immacolata, da tutti amatissima per la sua dolcezza, e perciò chiamata Zia Babà (da ragazza, Tràcola). Aveva un carattere mite, sdrammatizzava tutto ed era sempre in pace con se stessa e con il mondo.

Una volta, quando da ragazzina frequentava quella che allora si chiamava Scuola Normale, che era l'istituto solitamente frequentato dalle fanciulle delle buone famiglie, poiché non brillava per diligenza negli studi, era stata rimandata a ottobre in non so più quante e quali materie. A quei tempi - siamo prima della Prima Guerra Mondiale - la famiglia di mio nonno possedeva un "casino di delizie" (absit iniuria verbo!) a Pozzuoli, dove passava tutta l'estate ed anche oltre, servendosi i suoi membri della storica ferrovia Cumana per andare e venire da Napoli. Anche Babà - allora ancora chiamata Tràcola - si servì della Cumana per andare a sostenere gli esami di riparazione, che si sarebbero dovuti prolungare per alcuni giorni. Nella tarda mattinata, o forse nel primo pomeriggio, ritornò a Pozzuoli e da lontano salutò la sua mamma - la mia Nonna Matilde - che l'attendeva trepidante sul balcone di casa, gridando raggiante: "Una bellissima notizia, una bellissima notizia!" La bellissima notizia era che era stata già bocciata alla prima prova: "Che gioia, così domani non devo tornare a Napoli!"

Una sola volta l'ho vista molto tesa. Era morto non so più quale parente, e doveva scrivere alla vedova un biglietto di condoglianze. Chiese, dunque, aiuto alla sorella Maria (Mimià o Mime), colta e di facile penna, la quale scrisse un bellissimo biglietto: "Cara ..., sono molto addolorata per la dipartita del tuo sposo diletto, e pregherò per lui". Ma a Babà non stava bene: "No, Marì, nun me piace!" "Ma perché? Guarda che è una bella missiva". "No, no e no!" "Ma almeno dimmi perché!" "Marì, 'o bbuò sapé? Nun me voglio 'mpignà!" Temeva, infatti, che avrebbe dimenticato di recitare le promesse preci per il defunto, e non sarebbe stato corretto.

Tràcola, comunque, aveva una grandissima dote: era un'eccellente marinaia, e mio padre la portava molto volentieri con sé quando usciva per mare con la sua famosa barca Zizià (si vantava ancora, tantissimi anni più tardi, che ai suoi tempi era la più bella barca di Pozzuoli). Le eccezionali doti marinaresche d'Immacolata ebbero una definitiva consacrazione quando una volta, vedendo dalla finestra della villa di Pozzuoli una nave da guerra che dirigeva verso Napoli, e sembrandole che si tenesse troppo a terra, cominciò a urlare: "Ma chillu capitane è pazze? Vo' purtà 'o bastimento a perdere?"; e non si dava pace! Più tardi il Padre, Antimo Maria Luigi detto Luigi, tornò (con la Cumana, naturalmente) da Napoli, e riferì: "Ma sapete ch'è successo? L'incrociatore SAN GIORGIO s'è incagliato sulle secche della Gaiola, fuori Marechiaro!" Correva l'anno 1911 ... Il comandante, capitano di vascello Albenga, finì sotto processo, invece Zia Babà vantò quella sua intuizione per tutta la vita! T'invio, a parte, un giornale dell'epoca, dove però non si parla di Tràcola”.



Il piroscafo Principessa Mafalda nel 1911

Unisco il link speditomi da mio padre - http://emeroteca.provincia.brindisi.it/La%20Citt%C3%A0%20di%20Brindisi/1912/A.%2013,%20n.%2002%20(14%20Genn.%201912).pdf- e un’immagine del piroscafo Principessa Mafalda del 1911, che forse non ha alcuna connessione, ma in rete è tra le 2 o 3 immagini che si trovano cercando Napoli 1911.

1 commento:

Peppe ha detto...

Gentile Signora.
Ho letto con molto interesse il suo blog e ritengo di riconoscere nella sua Famiglia gli antichi proprietari della attuale Villa Maria di Pozzuoli.
Dovreste essere gli eredi della Famiglia Ferrara che hanno venduto la villa nel lontano 1918.
Io sono Giuseppe Peluso, uno degli attuali proprietari, e possiedo molti documenti della sua Famiglia, dal lontano 1844 quando la villa fu acquistata da Francesco Ferrara.
Il mio indirizzo e.mail è il seguente: giupel@inwind.it

La prego comunque confortarmi con un suo gentile riscontro.
Cordiali saluti
Giuseppe Peluso